Da visitare
Lecce
Lecce è una città ad anelli concentrici che racchiudono un cuore pulsante: l’antica Lupiae.
Dalle tre porte d’accesso al centro storico ci si incammina per i vicoli che portano verso Piazza Sant’Oronzo: vero snodo di viuzze e viali.
Lasciandosi alle spalle il traffico cittadino, si va verso un borgo dove la tranquillità sa di passeggiate a piedi o in bici e si respira un’aria che trasuda di storia e arte autentica.
La chiesa del Rosario, l’Accademia delle Belle Arti e poi più giù seguendo via Libertini, fin quando all’improvviso ci coglierà di sorpresa la Piazza del Duomo: un tripudio d’arte barocca immersa nelle delicate tonalità della pietra leccese. È bella sempre ma diventa d’incanto al calare della sera.
Lecce è tutta d’ammirare con il naso all’insù, perdendosi tra i balconi barocchi e i vicoletti, uscendo dal percorso ordinario alla ricerca della città nascosta.
Sant’Oronzo, dall’alto della sua colonna, osserva il fermento dei leccesi e dei turisti e a tutti dare un suggerimento: lasciatevi guidare dalla lastricata viuzza che conduce alla Chiesa di Santa Croce, in questo piccolo angolo, tra le botteghe di cartapesta e l’antica giudecca ebraica, è racchiusa la vera essenza di Lecce.
La storia
La fondazione di Lecce si perde tra i misteri del tempo e s’intreccia ad un’antica leggenda che racconta della sua esistenza già prima della guerra di Troia, circa 1200 anni prima della nascita di Cristo.
Le prime tracce d’insediamento umano risalgono all’età del ferro, ma è con la venuta dei Messapi che Lecce assume la forma di una città-stato e prende il nome di Lupiae.
Risale al periodo Messapico il profondo legame tra Lupiae e Rudiae, una città vicina che ha dato i natali al poeta latino Quinto Ennio.
La conquista del territorio da parte del popolo romano, porta a Lupiae il benessere economico e l’inizio di un espansione edile che sarà il suo punto di forza negli anni a venire. Nel periodo che va tra il I e il II secolo a.C. vengono costruiti l’anfiteatro e il teatro romano e la città viene collegata al porto di San Cataldo attraverso un sistema viario, grazie al quale riesce ad incrementare i commerci marittimi.
La potenza di Lecce subisce un declino nel medioevo, perché la città, divenuta contea, passa nelle mani di diverse casate e conosce la barbarie delle scorribande saracene da cui proverà a difendersi solo con l’arrivo degli angioini. Carlo V, infatti, irrobustisce la cinta muraria costruita durante il periodo Messapico e costruisce il Castello- fortezza che porta il suo nome ma soprattutto porta a Lecce una rivoluzione artistica che s’identifica sotto il nome di “Rinascimento Salentino”. In questo modo da’ l’avvio ad un fermento culturale che si rafforzerà durante la dominazione spagnola e accompagnerà la crescita della città fino ai nostri tempi.
Il 1600, periodo della riforma e della controriforma cattolica, è un punto importante nella storia leccese perché è questo il contesto in cui si diffonde il vento del Barocco, che porterà alla costruzione di chiese e palazzi nobiliari. Piazza del Duomo, Palazzo dei Celestini e la Basilica di Santa Croce sono solo alcuni dei simboli di Lecce, che con i loro decori barocchi stupiscono per opulenza ed eleganza.
La crescita di Lecce continua anche durante l’unità d’Italia e nell’epoca fascista, mantenendo comunque inalterato il fascino di una città raffinata e vivace, grazie anche all’Università che la porta ad essere centro di saperi d’eccellenza.
Porta Rudiae, Porta Napoli e Porta San Biagio
Non è difficile immaginare Lecce nel passato come una città florida e gioviale che viveva protetta all’interno della sua cinta muraria. Le mura racchiudevano un’area di cinquanta ettari a cui si poteva accedere attraverso le numerose porte disseminate lungo il perimetro. Oggi di questa struttura difensiva resta ben poco: rimangono le tre porte d’accesso che segnano l’ingresso del centro storico e una porzione di mura che coincideva con l’ingresso nord del borgo e che grazie ad un recente restauro sono tornate ad un rinnovato splendore.
Porta Rudiae
Delle tre porte che ancora oggi sono in piedi la più antica è Porta Rudiae che si affaccia su Viale dell’Università ed è uno storico punto di riferimento per i cittadini.
Porta Rudiae sorge sui resti di una porta medievale, è stata eretta nel 1703, in un periodo storico in cui non c’era più necessità di difendersi da minacce esterne e per questo motivo è stato possibile concentrarsi maggiormente sul lato estetico, arricchendo il portale di decorazioni barocche. La porta è dedicata a Sant’Oronzo, che troviamo in cima alla costruzione, accanto alla statua del Santo si trovano Sant’Irene e San Sebastiano, patroni minori della città. I busti posti ai lati sono riferimenti a figure importanti della storia messapica: è raffigurata la regina Equippa, suo marito Idomene, il fratello Dauno ed infine Melennio, suo padre, a cui è stata attribuita la fondazione della città. Al suo nome è legata anche la strada sotterranea che, secondo la leggenda, dalla porta conduce all’antica Rudiae
Porta Napoli
Poco lontano da Porta Rudiae, si trova Porta Napoli che conduce verso i vicoli lastricati del centro storico e intreccia la sua storia con le incursioni turche e con la presenza angioina in città. In molti vedono in questa porta un arco di trionfo in stile romano, per via della costruzione tipica di queste strutture e della presenza di stemmi militari scolpiti nella facciata ma è un’ipotesi che ancora oggi resta sospesa.
Alcuni scavi effettuati nei dintorni della porta hanno portato alla luce numerose tombe di origine messapica e con molta probabilità ce ne sono ancora molte altre interrate. La leggenda narra che nelle vicinanze di Porta Napoli si trovino anche i resti di San Giusto a cui era stata dedicata la porta che precedentemente si trovava nello stesso punto.
Porta San Biagio
L’ultima porta è porta San Biagio, distante dalle altre due, chiude il centro storico alla fine di quella che per gli universitari è conosciuta come “la via dei pub”. Questa porta è stata ricostruita nel 1774, sulla facciata sono presenti colonne doriche e decorazioni in pietra leccese, con due stemmi civici e la statua di Sant’Oronzo. Nessun segno di San Biagio a cui per volere del committente è dedicata la porta. San Biagio era un vescovo armeno, martirizzato intorno al 316 per non aver voluto rinunciare alla fede cattolica. San Biagio è conosciuto come protettore della gola e il suo culto è venerato in numerose città italiane.
Piazza del Duomo
Dove via Libertini incontra la lastricata via Palmieri, si apre lo slargo di Piazza del Duomo: un tripudio di stile barocco. Questa piazza è stata pensata come un cortile ed in passato la sera veniva chiuso dietro a due imponenti porte. La piazza custodisce nel suo seno il Duomo di Lecce, il campanile, l’Episcopio e il Palazzo del Seminario.
Il Duomo è opera dell’architetto Giuseppe Zimbalo, una firma ricorrente quando si parla di Barocco Leccese. La cattedrale è stata edificata sui resti di templi più antichi, tra il 1659 e il 1670 l’edificio è stato distrutto perché non ritenuto in linea con i precetti imposti dal Concilio di Trento ed è stato ri-edificato nella veste che vediamo oggi.
La facciata che affascina i visitatori entrando nella piazza in realtà è la facciata laterale della Cattedrale, abbellita dalle statue di San Giusto e San Fortunato e da due colonne che delimitano il portale e sorreggono una balaustra sormontata dalla statua di Sant’Oronzo. Ancora più in alto lo stemma di Mons. Luigi Pappacoda, committente della chiesa. È stato lo stesso vescovo a scegliere le quattro statue che abbelliscono la facciata principale, molto più sobria del prospetto laterale e arricchita da un monumentale portale in bronzo, costruito nel 2000 dall’artista Armando Marrocco, per ricordare il Giubileo di quell’anno. L’interno è ricco di decorazioni color oro che donano una luce mistica alle navate, trionfano gli altari barocchi sormontati da un cielo ligneo che percorre tutta la navata centrale.
Il campanile è esterno alla chiesa e si trova alla sua sinistra, ed anche questo è opera dell’architetto Zimbalo. Alla destra della Cattedrale si trova invece l’Episcopio, caratterizzato da un colonnato che gli conferisce semplicità ed imponenza al tempo stesso. L’episcopio è stato concepito come una dimora lussuosa, perché doveva rappresentare il simbolo del potere temporale della chiesa.
Chiude la piazza, il Palazzo del Seminario ideato dall’architetto Giuseppe Cino che seguì le linee guida dell’architetto Zimbalo. Il palazzo ha una facciata unitaria, intervallata da lesene e finestre con al centro un balcone. Nonostante sia caratterizzato da una bellezza austera, è arricchito con piccoli vezzi barocchi nel portale e sotto le balaustre. Da vedere è il chiostro interno, abbellito dai tocchi leggeri del verde del prato e dagli arbusti che circondano un pozzo in stile barocco, detto Vera Ovale, sormontato dalla statua di Sant’Irene.
Il Palazzo del seminario dal 2004 è la sede del Museo Diocesano d’Arte Sacra, attraverso i reperti custoditi tra le sue mura si racconta la storia religiosa ed artistica di Lecce e della sua provincia.
Piazza Sant’Oronzo
Piazza Sant’Oronzo è la piazza più famosa della città, a cui tutti arrivano percorrendo vicoli e viuzze e da cui tutti partono alla ricerca di negozi, ristoranti o monumenti. È il fulcro della storia di Lecce e della sua cultura, ricca di simboli e luoghi importanti. Sant’Oronzo si trova al centro della piazza, su di una colonna con capitello che ancora oggi è contesa tra Lecce e Brindisi. La tradizione popolare racconta infatti che la colonna e il suo capitello siano stati costruiti dai brindisini, partendo da una delle due colonne che chiudevano la via Appia in prossimità della loro città. Le colonne erano state attribuite ad Ercole e proprio al mitico eroe venne dedicata la nuova opera rimaneggiata. Il Vicere però non gradì il gesto che giudicò poco consono, ed ordinò che la colonna e il capitello venissero trasferiti a Lecce, inoltre fece affiggere una targa in cui si lascia intendere che Brindisi abbia donato la struttura ai leccesi. Così però non è mai stato e da ciò è nata una goliardica rivalità tra le due città che si protratta fino ai giorni nostri.
Sant’Oronzo è diventato patrono di Lecce dopo aver salvato la città dalla peste; la statua, che oggi si trova nella piazza a lui dedicata, è del XVIII secolo e ha sostituito quella più antica che è stata distrutta dallo scoppio ravvicinato di un fuoco d’artificio. La statua è stata realizzata da un maestro veneziano ed è in legno, rivestita in rame. La credenza popolare dice che le tre dita aperte del santo indicano i ‘giusti’, inteso come stupidi, cioè i monaci, i preti e coloro che non fanno figli, altri sostengono che faccia riferimento ai tre patroni della città: Sant’Oronzo, San Giusto e San Fortunato. Sicuramente e molto più semplicemente il santo è stato raffigurato nell’atto di benedire la città.
La presenza dei veneziani a Lecce si evince anche dalla chiesetta di San Marco e dal simbolo della città veneta che si trova sulla sua facciata. Oggi la chiesa è la sede dell’associazione reduci di guerra. Accanto a questo piccolo edificio si trova il Palazzo del Sedile che un tempo era la sede della municipalità. Sulle sue scale oggi ci si ferma per cercare ristoro, scambiare quattro chiacchiere o gustare un gelato ma un tempo dalle stesse sedute si assisteva alle torture dei condannati. Dove veniva posizionata la ruota medievale oggi si trova il mosaico della Lupa, simbolo di Lecce. Gli studenti più superstiziosi evitano di calpestarlo perché si racconta che possa causare contrattempi e portare ad un ritardo nel conseguimento della laurea.
Alle spalle della piazza si trova l’anfiteatro romano.
Piazza Sigismondo Castromediano
Incuneata tra Piazza Sant’Oronzo e la Basilica di Santa Croce si trova la piazzetta Castromediano, un luogo di passaggio che in pochi si soffermano ad osservare. Questa piccola piazza è il simbolo della grandezza di Lecce in epoca romana. Com’è accaduto per l’anfiteatro e per il teatro romano, anche in questo luogo sono stati effettuati scavi di riassetto urbano che hanno portato alla scoperta di importanti reperti dell’età del ferro e di un trappeto ipogeo, che risale al I secolo a.C.
Il territorio salentino è ricco di ipogei e cisterne olearie. Queste strutture raccontano di un epoca in cui la produzione e il commercio di olio lampante era il vero motore trainante dell’economia. Gli ipogei venivano scavati nella roccia friabile ed erano per questo poco costosi, inoltre le temperature di questi frantoi erano ideali per la spremitura delle olive.
Basilica di Santa Croce
Addentrandosi verso via dei templari si giunge al quartiere della Giudecca. Alcune tracce di quello che è stato il centro della vita ebraica di Lecce sono nascoste dentro le mura di Palazzo Personè, ma anche per le stradine retrostanti. Gli ebrei nel corso degli anni riuscirono ad acquistare una posizione sociale privilegiata e per questo iniziarono ad essere mal visti dalla popolazione, che trovando appoggio nel potere regio, prima li ghettizzò e poi li cacciò via dalla città. Rientra in questo contesto l’esproprio dei suoli alle famiglie ebraiche per la costruzione della Basilica di Santa Croce. Questa chiesa con la sua facciata è diventato il simbolo più famoso del Barocco Leccese e passandole davanti non è inusuale trovare persone che con il naso all’insù cercano tra le decorazioni del prospetto, i volti stilizzati dei quattro committenti.
La prima pietra per la costruzione della Basilica viene posta nel 1353 per volere del conte di Lecce Gualtieri VI de Brienne, tuttavia i lavori si sono interrotti bruscamente alla sua morte e sono ripresi solo nel 1549 grazie all’insistenza delle maestranze locali. Proprio queste però hanno ricevuto molte critiche e pochi consensi una volta terminata la facciata, perché il popolo giudicò poco consona la commistione di simboli pagani e cristiani. Nonostante questo la melograna, simbolo di fertilità ,convive pacificamente da secoli accanto agli angeli, così come pellicani e fiamme vivono benissimo vicino a statue di papi e santi, in un connubio di simboli che hanno portato al successo della chiesa nel tempo.
Il rosone centrale, decorato da cerchi e foglie d’acanto, cattura lo sguardo di chi osserva e lo distoglie dalle altre sfumature della facciata, come le statue di Celestino V e San Benedetto e le due figure femminili che simboleggiano la Fede e la Carità. Una balaustra divide in due parti il prospetto ed è sorretta da uomini e belve, si pensa che i primi rappresentino i prigionieri turchi catturati dai veneziani durante la battaglia di Lepanto, mentre i secondi simboleggino gli alleati cristiani.
L’interno è molto più semplice e spoglio rispetto alla facciata. La navata centrale è coperta da un soffitto a cassettoni in legno di noce e il perimetro a croce latina è arricchito da dodici altari barocchi. L’altare maggiore è incorniciato da un portale ed in alto si trova lo stemma della famiglia Adorni che tra queste mura ha seppellito molti dei suoi componenti.
Ex convento dei Celestini
Il manierismo Barocco della Basilica di Santa Croce prosegue in linea continua verso quello che era il Convento dei Celestini. Il palazzo è stato per secoli uno dei più importanti centri del Sapere, grazie al lavoro dei monaci amanuensi che tra queste mura hanno realizzato miniature e codici opere di grande importenza, oggi custodite nel museo Sigismondo Castromediano.
L’attività dei monaci è proseguita ininterrottamente fino al 1807, quando tutti gli ordini monastici sono stati allontanati dalla città. Spogliato delle sue funzioni originali, il palazzo è diventato sede delle istituzioni della Terra d’Otranto e successivamente della Provincia di Lecce.
Chiesa del Rosario o di San Giovanni
L’ultima opera firmata dall’architetto Zimbalo è la chiesa del Rosario o di San Giovanni Battista. Ci si imbatte nella sua facciata appena varcata Porta Rudiae e il suo barocco stupisce ed affascina fin dal primo impatto.
Il prospetto è diviso in due parti da una balaustra, nella parte superiore si trovano trofei traboccanti di fiori e di frutti e alcune statue che simboleggiano le visioni del profeta Ezechiele. Nella parte inferiore si trova il portale racchiuso in due colonne, sormontato dallo stemma dei domenicani e dalla statua di San Domenico di Guzman. Al lato si trovano invece due nicchie con due statue, sono quelle di San Giovanni Battista e del beato Francesco dell’ordine dei predicatori.
Se la facciata è barocca, l’interno lo è ancora di più e si ritrova con chiarezza l’intento di abbagliare e meravigliare il fedele, come chiedevano i precetti della controriforma cattolica. L’impianto della chiesa è a croce greca, ed è circondato da numerosi altari ed ovunque si trovano statue di Santi scolpite in pietra leccese. È molto importante il pulpito cesellato con le scene dell’apocalisse, è l’unico a Lecce ad essere scolpito in pietra. Il progetto della chiesa prevedeva anche una cupola che non è mai stata completata, perché in corso d’opera è venuto a mancare l’architetto Giuseppe Zimbalo che proprio nella chiesa del Rosario ha chiesto di essere seppellito e qui ancora oggi riposa.
Chiesa di Sant’Irene
La facciata della chiesa dedicata a Sant’Irene è sormontata dalla scritta in latino “Irene virgini et martiri”. La maestosità dell’edificio racconta molto sulla grande devozione che i leccesi avevano nei confronti della santa, patrona della città fino al 1656.
La statua di Sant’Irene si trova in cima alla facciata e poco più in basso si trova lo stemma civico. Il prospetto ha delle nicchie vuote poste ai lati ed è diviso in due differenti stili artistici.
L’interno è molto più sobrio rispetto all’esterno ed è caratterizzato da tre cappelle per lato, comunicanti tra loro e illuminate dalla luce del giorno. L’altare centrale è stato rimaneggiato nella seconda metà del millesettecento ed in alto è stata affissa la preziosa tela de “Il trasporto dell’Arca” opera di grande maestria dell’artista Oronzo Tiso. A lato si trova uno degli altari più maestosi di Lecce, quello dedicato a San Gaetano, decorato da una tela centrale che raffigura il fondatore dell’ordine dei Teatini.
Tra gli altari e le pareti della sagrestia sono innumerevoli le opere di prestigio custodite in questa chiesa.
Obelisco
Non tutti conoscono la vera storia dell’obelisco di Lecce, che spesso viene fatto erroneamente risalire all’epoca romana, ma in realtà è molto più recente di quello che può sembrare. È stato realizzato nel 1822 da Vito Carluccio per commemorare le venuta in città del re Ferdinando I di Borbone.
L’Obelisco è una colonna in pianta quadrata, arricchita da basso rilievi scolpiti in pietra leccese su tutte le sue facce. Tra i tanti simboli emerge lo stemma della terra d’Otranto: un delfino che morde una mezza luna e che ricorda la dura lotta della popolazione locale contro i saraceni. Nelle incisioni presenti sulla colonna sono riportate alcune delle località più rinomate del Salento e la loro distanza da Lecce; la scritta più lunga è un sunto della visita del re delle Due Sicilie.
Anfiteatro romano
Un misto di timore e curiosità deve aver animato le maestranze che lavorarono alle fondamenta della filiale della Banca d’Italia. Siamo sul finire del milleottocento, l’andamento circolare degli edifici che si trovano alle spalle di Piazza Sant’Oronzo lasciava intuire che ci fosse interrata una cavità, ma nessuno mai aveva osato andare oltre queste supposizioni. Iniziano per curiosità e quasi come una scommessa i lavori che con grande stupore portarono alla luce dell’anfiteatro romano. È stata soprattutto la rivincita di architetti e maestri costruttori contro chi li aveva sbeffeggiati e contro i giornali locali che facevano ridere la città con la loro satira pungente.
L’anfiteatro che oggi vediamo è solo una parte dell’originale, la restante parte resterà per sempre interrato sotto la chiesa delle Grazie e le antiche botteghe artigiane.
Un’incisione sulle pareti porta il nome di Traiano e questo ha fatto datare la costruzione dell’anfiteatro all’epoca imperiale, compresa tra il I e il II secolo a.C, ma con molta probabilità è anche più antico. Nella sua interezza dev’essere talmente grande da ospitare diverse migliaia di persone e questo è senz’altro una testimonianza di quanto era importante Lecce in epoca romana.
Sulle pareti si possono ancora vedere le raffigurazioni di animali come orsi, cervi, leoni e tori, che venivano cacciati all’interno nell’arena. La caccia agli animali esotici era uno degli spettacoli che si potevano vedere nell’anfiteatro, si faceva la mattina mentre a mezzogiorno c’erano le esecuzioni capitali o le lotte tra condannati a morte e nel pomeriggio si concludeva con le lotte tra gladiatori. Oggi l’anfiteatro romano ha abbandonato queste vesti cruente e soprattutto in estate viene scelto per la rappresentazione di spettacoli teatrali e piccoli concerti classici, mentre in inverno per anni è stato lo scenario del tradizionale presepe natalizio.
Palazzo Sozi Carafa
Un po’ discostato rispetto all’andamento di Piazza Sant’Oronzo, Palazzo Carafa s’incontra arrivando da via Libertini.
Il committente di questo palazzo è il vescovo Alfonso Sozi Carafa. È stato edificato nel 1542 per ospitare le suore Paolotte, successivamente è stato fatto demolire dalle stesse e ricostruito per volontà del vescovo. Quando venne costruito però il Barocco era ormai uno stile sorpassato e l’architetto che l’ha ideato ha ceduto al fascino del Rococò, che si ritrova nell’andamento morbido delle cornici. Palazzo Carafa ha uno stile alternato di lesene e campate, con finestre. Compare sulla facciata lo stemma della famiglia Carafa.
Nel periodo post unitario il comune ha acquistato il Palazzo, che ha perso così la sua funzione religiosa ed è diventato sede del Municipio.
Castello Carlo V
Carlo V per far fronte alle incursioni saracene rinvigorisce l’assetto difensivo di Lecce, che era costituito per lo più da una cinta muraria e, nello stesso punto in cui si trovava una torre di origine normanna, costruisce un castello fortezza che ancora oggi porta il suo nome.
Il Castello non ha vezzi decorativi e ha un assetto architettonico tipicamente militare. Al piano inferiore si trova un portale che conduce alla sala grande del corpo centrale, ricca di colonne e capitelli in stile dorico e che porta anche nel giardino. Il piano superiore è caratterizzato da ampi atri illuminati da vetrate, il salone è stato restaurato di recente.
L’assetto spartano del castello rimane oggi solo sul piano estetico, nel corso degli anni le sue stanze hanno ospitato importanti eventi culturali e artistici.
Teatro Romano
Il teatro romano si trova nel cuore del centro storico, racchiuso tra i vicoli e nascosto dai palazzi seicenteschi. Era il 1929 e si stava scavando per le fondamenta di una casa quando con grande stupore s’incappò in qualcosa di duro, già scolpito nella roccia. Era la cavea, nome latino delle odierne gradinate, ed era anche l’inizio della scoperta di un teatro romano costruito durante l’impero di Augusto. Con gli scavi sono state rinvenute anche alcune statue di epoca successiva, che decoravano il teatro e che oggi sono custodite all’interno del museo Sigismondo Castromediano.
Solo una piccola parte del teatro è stata riportata alla luce ma si pensa che potesse contenere alcune migliaia di spettatori. Contrariamente all’anfiteatro, il teatro era il luogo della cultura: qui infatti venivano portate in scena commedie e tragedie
Teatri di Lecce
Via Trinchese congiunge Piazza Sant’Oronzo a Piazza Mazzini, oggi piazza Trecentomila. È la via dei negozi importanti e delle marche più rinomate ma è anche la strada in cui sorge maestoso il Teatro Apollo. Tra i teatri leccesi è il più giovane ma è anche quello che ha avuto una storia più travagliata. È stato costruito agli inizi del novecento per poter ospitare un maggior numero di spettatori: è un teatro imponente, con un colonnato che sorregge un architrave, in stile neoclassico. Nonostante il suo aspetto e nonostante la sua magnificenza, nel 1986 cala il tendone sul palcoscenico del suo ultimo spettacolo. Sono anni tristi, in cui il teatro cede alla brutalità del tempo e si lascia andare alla decadenza: fino a quando iniziano i lavori di ristrutturazione, che durano anni. Solo nel febbraio del 2017 il teatro viene restituito alla sua Lecce, vestito di nuove tonalità. Per l’inaugurazione in pompa magna arrivano nella città barocca il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini.
Il più antico tra i tre teatri leccesi è il Teatro Paesiello, una bomboniera seicentesca realizzata con un’impronta di stile napoletano. Purtroppo la bellezza non basta sempre a tutto, infatti nel milleottocento gli spettatori iniziano a soffrire le dimensioni ridotte di questo teatro che lo rendono inadatto solo a spettacoli in prosa. Raccogliendo l’insoddisfazione popolare, Donato Greco decide di costruire un teatro più ampio che possa ospitare anche opere sinfoniche e di un certo rilievo. Con queste finalità viene edificato il Teatro Politeama Greco che ancora oggi appartiene alla famiglia e dal giorno della sua inaugurazione, nel 1884, vanta ogni anno cartelloni con opere di grande prestigio, che spaziano dalla prosa alla lirica. Questo teatro negli anni è stato guidato dalla direzione artistica di nomi importanti tra cui si annoverano Katia Ricciarelli e il tenore Tito Schipa.
Ex Conservatorio di Sant’Anna
Via Libertini è ricca d’importanti edifici storici che portano verso l’essenza del barocco leccese. Tra i ristorantini e i negozietti, in questa strada, si trovano tra gli altri anche l’Accademia della Belle Arti, la Chiesa del Rosario e poi l’Ex Conservatorio di Sant’Anna. Quest’ ultima istituzione è stata voluta dalla nobildonna Teresa Paladini che voleva donare alla città un luogo di ritiro adatto alle ragazze dell’alta borghesia che avessero una vocazione religiosa e fossero votate alla vita quasi monacale. È stato istituito nel XVII secolo, ed è opera dell’architetto Giuseppe Zimbalo. Nel 1679 il conservatorio di Sant’Anna si trasferisce a Palazzo Verardi, dove si trova tutt’ora. Alcuni anni dopo, per volere del vescovo Alfonso Sozi Carafa, il palazzo viene ampliato e la sua facciata viene ingentilita da un’elegante scalinata che conduce al portale d’accesso, incorniciato da raffinati motivi e sormontato dagli stemmi delle famiglie Paladini e Verardi.
Pochi sanno che costeggiando la stradina accanto alla chiesa del Rosario si giunge ad ammirare il giardino dell’Ex Conservatorio, dove c’è un Ficus plurisecolare che con la sua folta chioma abbraccia l’intera facciata dell’edificio.
Oggi il conservatorio Sant’Anna continua ad essere un centro di cultura e d’arte e ospita spesso mostre ed eventi importanti.
Museo Sigismondo Castromediano
Sigismondo Castromediano è stato un nobile patriota che ha vissuto a pieno il risorgimento italiano. Da giovane ha aderito alla “Giovine Italia” di Giuseppe Mazzini e questo lo ha portato ad essere accusato di “cospirazione contro la monarchia borbonica”, ad essere imprigionato e successivamente condannato all’esilio.
Rientrato in Italia è stato eletto nel primo parlamento italiano, alla camera dei deputati. Terminata la legislatura è rientrato nella sua terra natia e si è messo a servizio del popolo diventando consigliere provinciale. Ha dedicato gli ultimi anni della sua vita alla sua città: Lecce, a cui ha donato alcuni volumi per la biblioteca provinciale e ha istituito il museo che porta il suo nome.
Oggi il museo Sigismondo Castromediano si trova nell’ex Collegio Argento, istituito dai padri gesuiti. Tra le sue mura è custodita una collezione importante di reperti storici che attraversano i millenni: dalla preistoria alla civiltà messapica, passando per la conquista romana e per l’epoca medievale. Tra le sue sezioni si trova una pinacoteca che contiene tele realizzate tra il 1400 e il 1700, una biblioteca ed infine un’area riservata alle mostre temporanee, in cui sono state esposte opere di artisti di rilievo del panorama salentino.
Cimitero Monumentale di Lecce e Chiesa di San Niccolò e Cataldo
“ a memoria delle umane genti” dice così l’incisione che si legge sull’architrave dell’ingresso del cimitero monumentale di Lecce. Un portale in stile neoclassico porta verso il lungo viale dei cipressi e conduce in un luogo che invita alla meditazione e al silenzio. Attraversando una piccola porta si accede al “giardino funebre” con la sua rete di viali e stradine, in cui le tombe antiche appaiono addossate le une alle altre dando un senso contrastante di disordine e perfezione. In mezzo agli oleandri e gli eucalipti si trovano tombe in stile neogotico, vetrate policrome, ma anche guglie e rosoni sapientemente scolpiti nella pietra leccese. Tra i nomi importanti che riposano nel cimitero monumentale di Lecce emergono quello del tenore Tito Schipa e del poeta Vittorio Bodini.
Accanto alla porta che conduce verso il giardino funebre si trova la chiesa di San Niccolò e Cataldo: una delle più belle e delle più antiche di Lecce. La chiesa risale al 1180, per volere di Tancredi conte di Lecce, successivamente è stata rimaneggiata in chiave barocca. La facciata è un misto di gusto medievale, che si ritrova nel portale e nel rosone, alternato allo stile barocco delle statue e delle decorazioni. L’interno è sobrio e raffinato ed è ricco di dipinti in tinte pastello. Si trovano affreschi pittorici tardo gotici che raccontano la vita di San Nicola e altri dipinti raffiguranti santi come San Benedetto e Santa Francesca Romana. Le acquasantiere figurate e la statua di San Nicola sono opera di Gabriele Riccardi, a cui venne affidata anche la realizzazione del primo chiostro del convento, che si trova all’esterno della chiesa. Solo in seguito è stato realizzato il secondo chiostro, al centro del quale si trova una fontana rinascimentale con colonne tortili che sorreggono un’edicola. Il Convento adiacente ha ospitato prima l’ordine dei Benedettini e successivamente quello degli Olivetani. Da alcuni anni è sede del dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento.
La costruzione della chiesa di San Niccolò e Cataldo è stata voluta da Tancredi d’Altavilla, che mentre attraversava il Canale d’Otranto si trovò nel mezzo di una tempesta. Non sapendo cosa fare, ha rivolto le sue preghiere al cielo e poco dopo è riuscito ad approdare al porto di San Cataldo.
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